Intelligenza artificiale e finanza: le nuove opportunità dei fondi

07/09/2022 15:31:00

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 L’intelligenza artificiale (IA) è la terza categoria per rendimento generato nel corso dell’estate, con una performance media del 16%, dopo Turchia (+27%) e biotecnologie (+18%)

 

Negli ultimi anni il mondo del lavoro, l’industria e la ricerca hanno investito quantità crescenti di tempo, energia e risorse nella disciplina informatica più promettente del XXI secolo: l’intelligenza artificiale (IA).

L’intelligenza artificiale (IA): cos’è

Si tratta di un ramo che studia come realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano. La sua così generica definizione suggerisce che l’intelligenza artificiale sia applicabile a una vastissima gamma di ambiti tra i quali citiamo l’interpretazione di immagini mediche, la guida autonoma e le chat-bot automatiche.

Il machine learning: cos’è

Una delle branche più sviluppate dell’intelligenza artificiale è il machine learning (o, in italiano, apprendimento automatico) ovvero l’utilizzo di metodi statistici per migliorare la performance di un algoritmo nell’identificare pattern nei dati. L’obiettivo principe dell’apprendimento automatico è che una macchina sia in grado di generalizzare dalla propria esperienza, ossia che sia in grado di svolgere ragionamenti induttivi. In questo contesto, per generalizzazione si intende l’abilità di portare a termine in maniera accurata esempi o compiti nuovi, che non ha mai affrontato, dopo aver fatto esperienza su un insieme di dati di apprendimento.

Si tratta quindi di un ambito specifico del più generico settore delle information technology, che trova applicazioni negli ambiti più disparati con risultati che aprono continuamente a nuove opportunità.

L’intelligenza artificiale, la finanza e il risparmio gestito

Anche la finanza ne è stata investita, attraverso un duplice canale. In primo luogo, forse il più intuitivo, il settore del risparmio gestito, attivo e passivo, non ha mancato di cogliere le occasioni fornite da questo fenomeno, con il lancio di nuovi strumenti – tipicamente di carattere azionario – che investono nel capitale di società che hanno nell’intelligenza artificiale il focus della loro attività.

Il paniere di riferimento è quindi costituito da aziende coinvolte nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, informatica quantistica, machine learning, robotica e in tutte le tecnologie a queste legate: un insieme tutt’altro che chiuso, anzi in continuo arricchimento. L’ambito di azione è, come detto, estremamente variegato e pertanto presenta al suo interno caratteristiche eterogenee che consentono di generare una discreta diversificazione, non solo in termini geografici, ma soprattutto di dimensione e di prospettive di crescita: nell’Artificial Intelligence operano infatti sia i grandi big della tecnologia che un’infinità di startup innovative, in parte controllate da note large cap, in parte frutto di iniziative imprenditoriali autonome.

Il secondo fenomeno da annoverare riguarda l’introduzione di funzioni di intelligenza artificiale – e soprattutto di machine learning – nel processo di gestione dei fondi. L’applicazione è stata naturale: se da un lato la gestione discrezionale degli asset manager rappresenta un plus che i risparmiatori continuano a scegliere di remunerare, dall’altro l’esistenza dei trading system è un fatto di lunga data che, con lo sviluppo delle più moderne tecnologie, ha trovato una nuova interpretazione.

In un universo di opportunità sempre più ricco e complesso, con orizzonti sempre più lontani, minori barriere alla circolazione dei capitali, e soprattutto una più articolata disciplina e regolamentazione dei mercati con crescenti obblighi informativi (si pensi al tema della sostenibilità degli investimenti), la massa di dati e di informazioni da valutare in maniera congiunta è oggi inimmaginabile.

La problematica non riguarda più solo l’approvvigionamento dei dati, quanto l’estrazione di informazione utile da essi. Un processo ostico anche per il più competente team di esperti, che grazie a tecnologie di autoapprendimento può migliorare la qualità dei propri risultati in modo esponenziale. Ciò che è derivato è la nascita di nuovi comparti la cui gestione è demandata a modelli di intelligenza artificiale, il cui sviluppo rappresenta l’espressione della competenza del gestore. L’approccio può essere indifferentemente di tipo bottom-up o top-down, così come infinite sono le possibili politiche di investimento.

Fida raccoglie in un’apposita categoria fondi ed etf improntati sul tema dell’IA e ne calcola un indice riassuntivo dell’andamento di questo specifico settore del mercato. Grazie ad esso scopriamo che l’IA è la terza categoria per rendimento generato nel corso dell’estate, con una performance media del 16%, dopo Turchia (+27%) e biotecnologie (+18%).

Con i dati disponibili è possibile espandere l’analisi fino a cinque anni e notare un apprezzamento del 108%, con una volatilità inferiore al 20% (downside risk sotto il 12%), un dato confortante trattandosi di un investimento prttamente azionario e legato a un settore ciclico, che però presenta anche le caratteristiche di un mega-trend. Gli indicatori sintetici di rendimento corretto per il rischio – Sharpe e Sortino – sono entrambi positivi e relativamente alti, e il massimo draw down al 34% è in linea con il resto del mercato e generato nell’anno in corso.

L’analisi grafica mostra un andamento crescente e in accelerazione nel corso del biennio 2020-2021, interrotto solo dallo scoppio della guerra di Ucraina: l’estate del 2022 vede però una rapida ripresa che ha ancora molto spazio davanti: circa un 25% stimato con criteri di analisi tecnica.

Per investire nel settore, gli investitori retail italiani hanno a disposizione nove diversi comparti di fondi comuni (tra cui un fondo assicurativo) e quattro etf quotati su Borsa Italiana. Si tratta perlopiù di prodotti con una vita relativamente breve, lanciati nel corso degli ultimi 2-3 anni. Si ricorda che il livello di rischiosità dell’investimento è per tutti relativamente elevato: si tratta infatti di prodotti con un SRRI dal 5 in su.

 

Monica F. Zerbinati

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