Articolo didattico – misure di rischio

Nel campo della gestione degli investimenti è molto importante il concetto di rischio finanziario, che esprime l'incertezza relativa al valore che una attività finanziaria potrà avere nel futuro. Misurare e gestire il rischio finanziario è un'impresa tutt'altro che facile: significa mettere in atto tutti gli accorgimenti necessari a controllare i fattori di incertezza legati alle attività finanziarie, cercando di limitare gli effetti degli eventi indesiderati. Gestire in modo professionale il rischio di un portafoglio significa dunque effettuare una serie di valutazioni sulle attività presenti (prese sia singolarmente che a livello aggregato) tale da permettere una accurata pianificazione del rischio a cui il portafoglio è esposto.

Nel corso degli anni sono stati sviluppati numerosi indicatori sintetici di rischio, utili non solo per valutare la bontà di un determinato investimento, ma anche per effettuare comparazioni tra le diverse attività.

Uno dei più utilizzati dagli operatori del settore è indubbiamente la deviazione standard, che esprime la variabilità dei rendimenti. Si tratta di una misura semplice e intuitiva, che prende in considerazione la volatilità dell'investimento rispetto al rendimento medio.

Un'altra misura molto conosciuta ed utilizzata nell'ambito della gestione del rischio di mercato è il VAR (Value at Risk). Rappresenta la massima perdita nella quale un portafoglio potrebbe incorrere su un determinato orizzonte temporale con un certo livello di probabilità. L'estrema popolarità del VAR è legata alla sua capacità di incorporare in un solo indicatore diverse componenti del rischio di mercato (rischio di tasso, azionario, valutario). Concettualmente legato al VAR è l'Expected Shortfall, che descrive l'ampiezza delle perdite potenziali che il portafoglio potrebbe subire nell'intervallo dei casi peggiori non presi in considerazione dal VAR.

Molto conosciuto è anche il downside risk, una misura di rischio simile alla deviazione standard, ma che si concentra solo sulla parte negativa della volatilità dell'investimento. Il valore di riferimento utilizzato non è infatti la media dei rendimenti, ma il rendimento minimo accettabile rappresentato dai titoli risk-free. Focalizzandosi solo su quella parte di volatilità non gradita all'investitore, il downside risk sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà lo scostamento verso il basso dal rendimento minimo accettabile.

Anche il massimo drawdown è un indicatore molto utilizzato e applicato spesso nella valutazione della performance dei fondi e nel trading algoritmico: esprime il ritracciamento massimo subito dalla equity line (curva dei profitti), dando un'idea del rischio complessivo in termini di massima perdita sostenibile.

Universalmente riconosciuto e utilizzato è poi il coefficiente Beta, il cui obiettivo è misurare il comportamento del titolo rispetto al mercato. Calcolato come rapporto tra la covarianza dei rendimenti dell'attività e quelli del mercato e la varianza dei rendimenti di mercato, un Beta superiore a uno indica un titolo più volatile (e quindi più rischioso) rispetto al mercato, mentre un Beta inferiore a uno indica la situazione opposta.

Esiste infine un'ulteriore indicatore, sviluppato più di recente, che ha l'obiettivo di misurare la volatilità implicita del mercato azionario nel suo complesso per i 30 giorni successivi: si tratta del VIX (Volatility Index), il quale prende in considerazione i prezzi di numerose opzioni call e put che hanno come sottostante l'indice S&P 500. L'indice VIX è considerato come uno dei migliori barometri, a livello mondiale, sul sentiment degli investitori e della volatilità di mercato.

L'elenco qui proposto non ha la pretesa di esaustività; esistono infatti altre misure ed altre ne verranno sviluppate. Tutte però, in un modo o nell'altro, cercano di cogliere l'incertezza dei rendimenti, elemento chiave per valutare correttamente qualunque investimento.

Diego Bossio

Centro Studi FIDA